Senza dubbio, in questa emergenza Covid19, la priorità sono le cure ai malati e la tutela della salute, così come dare sostegno organizzativo, economico e morale a tutti gli operatori sanitari e a chi si trova esposto.
Oggi, è ancora il tempo del dolore per chi non c’è più e sterili polemiche sono quanto c’è più da evitare.
Domani, però, nel rispetto di tutti dobbiamo ripartire. E non ci si deve dimenticare di nessuno.
Non possiamo essere indifferenti verso le conseguenze economiche e sociali, oltre che sanitarie.
Dobbiamo chiedere come ripartire. Il lavoro è dignità, realizzazione e relazioni.
Migliaia di lavoratori si ritrovano a non avere alcun tipo di prospettiva, senza alcuna colpa. Sono persone comuni che vedono il loro futuro incerto e a cui si devono risposte per vivere. A gran voce si chiede una soluzione concreta per l’angoscia del domani, ma è anche vero che una risposta va data pure al disagio economico che è già odierno.
Nel nostro caso, l’intento è quello di dare rappresentanza agli operatori del food&beverage. Infatti, la ristorazione è già a rischio fallimento. È dall’11 marzo 2020 che oltre 1,2 milioni di addetti del settore sono fermi.
Il lockdown è stato programmato fino al 03 maggio 2020 e per la ristorazione si parla di una probabile apertura per il 25 maggio 2020, con tutte le misure restrittive di sicurezza (come ad esempio, la distanza minima di 2 m tra un cliente e l’altro). Ma tale data è solo un’ipotesi e le misure di sicurezza sono ancora da decidere. Nel rispetto di tutti, in questa emergenza per covid19, la ristorazione chiede di organizzare la ripartenza.
La questione non è scegliere tra salute ed economia. Infatti, le misure sanitarie non vengono messe in discussione. Ma come si possono salvaguardare i posti di lavoro?
È comprensibile: siamo di fronte allo sviluppo di un epidemia e non possiamo avere certezze. Ma è fondamentale trovare la modalità che consenta all’Italia di riprendere. Perciò, si chiede un piano deciso insieme al governo e ai sindacati e misure di sicurezza da dover seguire, in modo tale da organizzare le imprese e sfruttare il periodo di chiusura per adibirle adeguatamente alla ripartenza.
Gli esperti concordano nel dire che ora, un allentamento delle misure sarebbe pericoloso e sconsigliano un’apertura anticipata. Ma la riapertura è anche una necessità perchè il Paese funzioni.
Dunque, è importante organizzare bene la riapertura ed evitare gli sbagli precedenti: sono fondamentali interventi a livello territoriale, a livello di prevenzione e sui luoghi di lavoro. Vanno dunque pensate misure, interventi ed organizzazioni coordinate e specifiche anche in base alle imprese. Dunque, anche la ristorazione chiede attenzione e vuole organizzare la sua ripartenza ai tempi del Covid19.
Ristorazione e Covid19: organizzare la ripartenza
Ristorazione vuol dire socialità ed è un ecosistema complesso. C’è il grande problema dell’ “oggi”, perchè la ristorazione ha già subito un’ingente perdita e sta continuando ad essere colpita. Lo scenario che si prospetta a riguardo, vede nuove leggi di mercato, perchè presto la liquidità verrà a mancare. E si parla soprattuto per la media e bassa ristorazione: sono le più colpite, non sono previsti aiuti e la loro voce non viene ascoltata.
Ma la ristorazione è anche un sistema interconnesso. Ed è pronosticabile una caduta a cascata: i ristoratori non sono gli unici ad esser colpiti, ma a risentirne è anche tutto il personale che concerne un locale. Se pensiamo poi alla ristorazione come catena, anche i produttori (come ad esempio gli agricoltori) non sono esenti.
Bisogna dunque sostenere la catena dall’inizio. E pensare anche a chi è più duramente colpito, come i medi e piccoli imprenditori, ma anche ai giovani ristoratori, perchè rappresentano il futuro.
Le misure restrittive non influiscono solo sulla clientela che porta a ripercussioni sul lavoro del ristoratore, ma a propria volta, questo dovrà operare strategie riguardo al suo personale. Senza contare che il disagio vissuto dalla categoria è già in atto, soprattutto per quanto riguarda i costi che bisogna affrontare pur non avendo un incasso. A tale proposito vanno pensate politiche di sostegno adeguate, sgravi fiscali e una maggiore flessibilità.
Oltre alla cassa integrazione, si sta discutendo riguardo a diversi ammortizzatori e accordi da sottoporre alla Commissione Europea, come il fondo SURE.
Certo è che in una situazione di inattività obbligata, bisogna pensare al futuro e molti indicano l’esempio della Cina per ripartire. Guardare a chi ha dovuto affrontare l’epidemia per primi e così la ripartenza, è una soluzione astuta.
Emiliano Citi è uno dei massimi esperti in Italia nella creazione di modelli di business in ristorazione. Ristorazione Italiana Magazine collabora con l’esperto Citi e ha pubblicato la sua intervista a Simone Crespi, titolare del ristorante Bucciano di Chengdu.
Crespi spiega come è stato possibile ripartire in Cina. È possibile leggere l’intervista qui.
Certo è che utilizzare questo standby per soluzioni creative è possibile. Infatti, gli imprenditori della ristorazione non stanno con le mani in mano e oltre ad essersi adibiti a servizi di home delivery (consegna a domicilio), hanno ripensato e organizzato il loro modo di operare. Un esempio di innovazione possibile è quella dei restaurant bond.
Usufruire di questo standby per pianificare, progettare e organizzare il futuro del proprio lavoro e comprendervi anche la comunicazione digitale per creare un legame con il cliente è un altro esempio di soluzione creativa.
Il marketing digitale applicato alla ristorazione è un perfetto alleato, specie in questa situazione di crisi perchè offre un’occasione. E gli esperti consigliano di puntare sulla trasparenza per creare un legame di fiducia con il cliente basato sulla sicurezza.
C’è anche chi ipotizza teorie sul futuro del delivery food, ma soprattutto ripensa alle questioni della Cucina Pop e del Fine Dining perchè offrono una soluzione riguardo al problema con i fornitori, con la clientela, con il delivery e sono correlati con i nuovi ruoli che si prospettano riguardo al personale e la territorialità, oltre che a tutelare il mestiere verso i sapienti che in futuro potranno dire “io so perchè l’ho fatto a casa durante la quarantena”.
C’è chi stila una lista sul “come fare” e ripensa alla complicità tra cuoco e clienti, al come far conoscere il proprio lavoro/arte e condividerla, al fatto che la mancanza crei il bisogno di ritornare al ristorante. C’è chi riorganizza il proprio menù in base alla situazione, così come si pone domande riguardo i prezzi in rapporto alla sopravvivenza e non vuole svilire il suo lavoro. C’è chi pensa a nuove forme di pagamento e di servizio.
Ma la risposta e quindi la soluzione, deve essere istituzionale. Infatti, la rete di ristorazione chiede al Governo l’adozione immediata di otto misure essenziali per la sopravvivenza del settore. L’appello è stato firmato da numerose associazioni, tra cui la Federazione Italiana Cuochi (che ha brillato alle Olimpiadi culinarie). Tra le misure richieste per la ripartenza della ristorazione ai tempi del covid19: cancellazione delle imposte, detassazioni, crediti e misure di sostegno.
Fonte: https://www.ristorazioneitalianamagazine.it/ristorazione-covid19-ripartenza/